Borgo Petroro è collocato all’interno dell’antico Castello di Petroro, in cima a un colle a pochi chilometri di distanza dalla città di Todi, procedendo lungo la strada che conduce a Foligno.

Le sue origini sono antiche: la rete difensiva di cui fa parte è testimone della storia del Comune di Todi del XIII secolo ma la presenza sul luogo che lo ospita di una “gens Petreja” racconta anche della sua esistenza già nell’Antica Roma, come “Castrum” del potente “municipium” di “Tuder”. In un censimento del 1290 il Castello di Petroro, posizionato lungo una delle principali arterie che si dipanava da via Flaminia, contava ben 60 famiglie e circa 300 abitanti, ed era l’unico punto fortificato del plebato di Santa Maria di Due Santi, destinato a proteggere le vicine ville. Inserito in un contesto di rilevanza artistico-religiosa, per la grande presenza di luoghi sacri, con le Chiese romaniche di San Epimaco e Gordiano, San Salvatore, Santa Maria, San Martino e Sant’Antimo, Petroro serviva anche come ricovero per i pellegrini. Il luogo, inoltre, è collocato su una delle vie gerosolimitane, come testimonia la presenza dell’Ospedale dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme. La chiesa benedettina di San Martino è inserita nel perimetro del castello. Nel ‘500 ebbe la dignità di commenda cardinalizia affidata al Cardinal Riario, titolare anche di Sassovivo, nipote del papa Giulio II. Poi, nel 1711 passò all’Opera Pia di Santa Maria della Consolazione, di cui tuttora fa parte. Si ricorda che nel 1499, al tempo della Todi dei Guelfi, nel Castello si perpetrò uno spaventoso eccidio, allorché vi si rifugiarono i seguaci del ghibellino Altobello Chiaravalle braccato dalle truppe di Cesare Borgia, degli Orsini, dei Vitelli di Città di Castello e di Ludovico degli Atti da Todi.

Il maniero fu salvato dalla distruzione solo da un provvedimento del consiglio generale del 1493 con il quale si offriva la cittadinanza todina ai suoi abitanti in cambio di 93 ducati d’oro da versare. L’immobile, grazie a un importante lascito effettuato da Francesco Maria Ridolfi, è divenuto di proprietà dell’Opera Pia della Consolazione di Todi, costituita nel 1527 con le donazioni dei fedeli che a Todi accorrevano a venerare l’immagine della Augusta Vergine nel tempio disegnato dall’architetto Bramante Lazzari.

L’attuale assetto urbanistico permette di ricostruire l’intero circuito delle mura e della struttura interna dominata dal cassero centrale e dall’impianto cinquecentesco, da attribuire alla presenza della famiglia Ridolfi, i cui stemmi sono ricorrenti nel sito. Non mancano le dimore dei castellani, per lo più addetti all’artigianato e alla coltivazione di campi. Si raggiungono varcando una maestosa porta ad arco dominata da un’aquila in pietra, lo stemma della città di Todi realizzato nel Castello nel 1577.

Una grande macina sulla piazza interna testimonia la presenza di un antico molino da olio accanto al quale sorgeva il forno pubblico, entrambi attestati nel Brogliardo catastale del 1852 come ancora funzionanti.

 

 

 

 

 

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